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- La Mediazione Familare evoluta ed evolvente, non meramente giuridica (di Beatrice Mennella)


La Mediazione Familiare evoluta ed evolvente, non meramente giuridica

di Beatrice Mennella

“Se saprai starmi vicino
e potremo essere diversi,
se il sole illuminerà entrambi
senza che le nostre ombre si sovrappongano,
se riusciremo ad essere “noi” in mezzo al mondo
e insieme al mondo, piangere, ridere, vivere.
Se ogni giorno sarà scoprire quello che siamo
e non il ricordo di come eravamo,
se sapremo darci l’un l’altro
senza sapere chi sarà il primo e chi l’ultimo,
se il tuo corpo canterà con il mio perché insieme è gioia…
Allora sarà amore
e non sarà stato vano aspettarsi tanto”.
(Pablo Neruda)

Nei vari servizi giornalistici, sia radiotelevisivi che della carta stampata, la Mediazione Familiare viene spesso rappresentata in maniera riduttiva e limitata rispetto alle sue enormi potenzialità.

La Mediazione Familiare non può essere concepita o descritta esclusivamente come consulenza per la  riorganizzazione della vita di una famiglia con genitori separati o come lavoro sugli aspetti della vita quotidiana legati a questioni economiche e patrimoniali e all’affidamento dei figli.

Questo taglio disciplinare non è trasversale, non è completo, e può essere valido esclusivamente per mediatori familiari di formazione giuridica mentre risulta troppo riduttivo per i mediatori familiari sistemici e per tutti i mediatori con formazione psico-pedagogica.

In questi casi la Mediazione Familiare interviene sui conflitti reali e potenziali e rappresenta una straordinaria opportunità da non perdere per avviare un percorso di evoluzione della coppia, del sistema famiglia e delle persone che lo compongono, lavorando sulla comunicazione e sulle dinamiche relazionali.

Se, ad oggi, è un dato statistico acquisito il fatto che raramente una coppia anche in Mediazione Familiare, dopo aver iniziato il percorso, decida di tornare insieme, è lecito domandarsi se il Mediatore debba rassegnarsi a questo ruolo di “incollatore dei cocci rotti” o possa invece aspirare a svolgere una funzione diversa, una funzione etica che previene la rottura dei “cocci” e promuove l’evoluzione di nuove prospettive, la costruzione di preziose “porcellane”.

Per rispondere a questa domanda, occorre prima di tutto individuare i motivi di questa statistica dello zero virgola:

a) poche persone sanno che alla Mediazione Familiare ci si può rivolgere anche per prevenire l’esplosione dei conflitti, cioè al primo insorgere di questi, e continueranno a non saperlo specie se alcuni tra gli stessi addetti ai lavori non sono a loro volta consapevoli di tutte le potenzialità della Mediazione Familiare e non le diffondono anche attraverso i mezzi di comunicazione lì dove ne hanno la possibilità;

b) si decide raramente, e solo nelle classi sociali più alte e più colte, di rivolgersi alla Mediazione Familiare con una scelta pienamente volontaria e consapevole. Quasi sempre si fa un percorso di mediazione perché costretti dall’invito o di un giudice, a causa dell’estrema necessità di sedare, in parte, un conflitto che sta palesemente nuocendo gravemente ai figli, oppure di un avvocato, quando percepisce l’impossibilità di gestire la situazione e, quindi, la necessità di “sedare gli animi” per meglio lavorare sull’omologazione degli accordi da prendere (accordi spesso quasi “estorti”, perché presi senza un’adeguata elaborazione, e quasi sempre non rispettati).

La consapevolezza, la volontarietà, appartengono a poche persone proprio perché troppo poco si parla del ruolo della Mediazione Familiare in termini più ampi: non si parla del suo ruolo preventivo, della sua efficacia nel rigenerare e decondizionare le dinamiche relazionali legate al conflitto e della sua capacità di innescare un circolo virtuoso per la crescita delle persone, della coppia, dei genitori, dei figli, della famiglia, in tutte le forme con cui oggi si presenta: tradizionale, mononucleare, allargata, omogenitoriale, etc.

Il conflitto può rappresentare un’opportunità da non perdere per lavorare su alcune dinamiche attraverso la Mediazione Familiare, come percorso etico e costruttivo. L’essere umano in quanto tale ha bisogno di tirare fuori ed esprimere le proprie sofferenze, i propri dolori, le proprie zone d’ombra, e questa espressione risulta più facile proprio all’interno delle relazioni intime, familiari, lì dove, cioè,  ci dovrebbero essere i presupposti giusti per accoglierli e gestirli insieme, amorevolmente ed empaticamente, al fine di favorirne la giusta elaborazione. Molto spesso questi presupposti mancano perché  la freneticità della vita quotidiana allontana le persone da se stesse e dagli altri.

Nell’era della grande comunicazione globale digitale, tutti comunicano ma pochi dialogano: il dialogo inteso non come strumento per annullare le differenze ma come opportunità per sublimarle, per donare all’altro un qualcosa di sé che l’altro non ha, per evolvere, completarsi, arricchirsi vicendevolmente. La mancanza di dialogo è alla base delle incomprensioni e del degenerare dei  conflitti e fa nascere le “nuove solitudini” quelle in cui si è tutti virtualmente o fisicamente insieme ma praticamente soli. Ed è così che il conflitto diventa un mezzo fine a se stesso e mal gestito al punto da degenerare in esplosioni di violenza, così come spesso ci raccontano gli episodi di cronaca in cui, non a caso, predominano le tragedie proprio all’interno del contesto familiare.

In questo senso, la Mediazione Familiare rappresenta un percorso etico e costruttivo all’interno delle dinamiche relazionali, perché attraversa i dolori, le sofferenze, le zone d’ombra che copiose emergono durante i conflitti, per ridefinirli, reinterpretarli, normalizzarli e trasformarli in una grande opportunità di cambiamento e di evoluzione, attraverso il recupero del dialogo e la valorizzazione delle differenze.

Ecco perché quando si parla della Mediazione Familiare occorre rappresentarne ed esporne tutti gli approcci, e in tutte le diverse evoluzioni, e non limitarsi al solo approccio giuridico, alla sola Mediazione Familiare tra genitori separati e inviati da un giudice o un avvocato. Chi si occupa della Mediazione Familiare ha  il compito di diffondere anche la cultura della Mediazione Familiare e la Mediazione Familiare come cultura, come straordinaria opportunità non solo per prevenire i conflitti ma anche per affrontarli con un’ottica evolutiva che attraversa il conflitto, nei contenuti e nella forma, rielabora tutto e ne tira fuori un’opportunità per cambiare prospettive, per cambiare ciò che si si deve cambiare e potenziare ciò che va potenziato.

Un esempio etico, civile, sano di problem solving, importantissimo, di cui tanto necessita la nostra società, della quale la coppia e il nucleo familiare rappresentano la cellula primaria-essenziale su cui lavorare per seminare e innescare i semi del cambiamento.

 

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