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Risvegliamo la nostra saggezza.
Recuperiamo la dimensione etica dell’agire, più alta e diversa dal moralismo del fare. Agire significa tenere conto sempre delle conseguenze delle proprie azioni non solo su se stessi ma anche sugli altri e quindi della scelta etica tra  giusto e sbagliato, utile e dannoso, corretto e scorretto, onesto e disonesto.

Chi invece si limita al fare, non si preoccupa delle conseguenze, fa e basta. La logica del fare si è imposta come principale ingrediente nella società occidentale della Tecnica e del Potere, tanto da diventare la logica collettiva prevalente. Eppure se tenessimo conto delle conseguenze di ciò che compriamo, di ciò che produciamo, di ciò che vendiamo, di ciò che apprezziamo, di ciò che vogliamo e non vogliamo, forse capiremmo che alcune cose , anche se si possono fare, non vanno agite.

E’ di qualche mese fa la notizia del grave scandalo che si sta abbattendo su Apple, colosso mondiale dell’informatica, che sfrutta i lavoratori cinesi facendoli lavorare in condizioni esasperate e disumane, con orari massacranti e condizioni strutturali ed ambientali altamente pericolose. Si parla addirittura di molti morti e di centinaia di ammalati dopo aver inalato sostanze tossiche che fanno parte del sistema produttivo. “Ma io ho solo acquistato il nuovo iPhone5”, direbbe uno dei clienti che dopo ore di fila si è accaparrato l’ultimo modello appena uscito in commercio. “Non ho io la responsabilità di quello che accade nella fabbrica in Cina dove il mio iPhone viene prodotto”. Aggiungiamoci che tutti noi utilizziamo il cellulare, chi poco, chi più, chi troppo, nonostante le ricerche condotte sotto l’egida dell’Organizzazione mondiale della sanità abbiano dimostrato gli effetti nocivi delle onde elettromagnetiche sulla salute. Aggiungiamoci che tutti coloro che hanno comprato l’ultimo iPhone5, sicuramente un cellulare già lo possedevano e avevano solo la voglia di seguire l’ultima moda, per avere il cellulare tecnologicamente più avanzato, con l’App più strabiliante, per fare le foto più belle, i filmini ad altissima definizione, e per possedere un simbolo importante a chi ama apparire.

Aggiungiamoci che tonnellate di cellulari usati e buttati via, vengono spediti al di fuori dei confini dei Paesi occidentali per alimentare l’economia di una massa di derelitti che li smontano, ne estraggono piccole quantità di metallo, per poi bruciare la plastica e inquinare una zona del nostro pianeta, con conseguenze mortali sulle popolazioni del luogo. “Ma io ho solo cambiato l’ennesimo cellulare”, direbbe lo stesso consumatore imperterrito. Aggiungiamoci che la maggior parte dei bambini che frequenta le elementari, possiede un cellulare che ha avuto in regalo dai genitori o dai nonni: perché si sentirebbe un emarginato visto che tutti gli altri compagni ce l’hanno, e si sentirebbe un frustrato se non avesse il modello di moda, quello che ha come suoneria la sigla dei cartoni animati e le cover intercambiabili e stilizzate. Gli esempi consumistici di un Fare svincolato dall’etica saggia e responsabile dell’Agire e delle conseguenze concatenate, potrebbero essere infiniti. Nell’ottica della legge domanda-offerta, tutto quello che si può fare si fa. Se poi ci spostiamo su un piano meno esplicitamente consumistico, i comportamenti legati al Fare svincolati dal senso dell’Agire sono altrettanto numerosi, e basta leggere un quotidiano per rendersi conto di quanto sia caratteristica ormai di pochi eletti, guardare alla onestà come a un valore, e alla dignità come espressione più fiera del proprio Essere, indice di rispetto per sé stessi e per gli altri e indice di autostima delle proprie capacità e della propria PERSONA.

Recuperiamo la nostra natura interiore, quella profonda e vera, libera da condizionamenti esterni e, dopo averla individuata, consentiamo alla nostra natura di esprimersi e di evolvere liberamente. Avere paura dei propri sentimenti negativi e rifiutarli significa atrofizzare la propria anima e congelare la propria natura, perché le emozioni non si possono reprimere in maniera selettiva. Chi decide di sopprimere i propri sentimenti negativi rinuncia anche a quelli positivi, sopprime anche la gioia, l’amore, la gratitudine, l’entusiasmo, e decide per la “ rinuncia” come atteggiamento psicologico e culturale. Chiaramente questa rinuncia provoca malessere: l’anima ne risulta soffocata e bloccata, quasi come se avesse paura di esprimersi, dominata da confusione, diffidenza e paura.  Tutto questo  fa sentire ancora più vulnerabili, ancora più imperfetti e induce a mettere in atto altri inconsci meccanismi difensivi e compensatori che vanno ad innescare un vero e proprio circolo vizioso, quello che conduce anche a patologie  più o meno gravi, e a lunghissimi percorsi terapeutici.

(continua)

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